"Per ciò la nostra pratica (…) va fatta con il corpo (…). La nostra
intera pratica poggia su una base fisica, così come la nostra vita ha
avuto un inizio fisico. In primo luogo impariamo a portare il corpo in
armonia, impariamo a sedere fisicamente nel modo giusto. Poi, sedendo
correttamente, il respiro adotta da sé un ciclo armonioso: smettiamo di
respirare ansimando e con sforzo iniziamo a respirare tranquillamente,
dolcemente e naturalmente. Via via che il corpo e la mente iniziano a
calmarsi e non rappresentano più un disturbo per noi, scopriamo che
anche la mente ha la possibilità di stabilizzarsi nella sua attività
dolce e naturale. Il frastuono e le chiacchiere della nostra mente
chiassosa lasciano il posto alla chiarità e alla naturalezza del nostro
vero sé. In questo modo giungiamo a riconoscere chi veramente siamo e
arriviamo a comprendere la vera natura della nostra vita e della nostra
morte.
Infine, quando iniziamo a creare questa diretta armonia
fisica tra il corpo, il respiro e la mente, possiamo estendere agli
altri, scambievolmente, i benefici della nostra pratica. Impariamo a
vivere assieme in un modo che conduce alla realizzazione della vera
natura di ciascuno, non solo a livello individuale, ma anche come
comunità (…).
Questa pratica di gruppo (…) può essere di reale
beneficio al nostro mondo, un mondo in cui l’armonia è ancora più rara
dei diamanti e in cui la realizzazione della Verità è spesso ritenuta un
sogno impossibile.
(…) Allora tutti i rapporti sono insegnamenti, mentre ci apprezziamo e ci levighiamo* a vicenda senza fine."
* "levighiamo" è riferito al diamante grezzo che noi siamo...
(Introduzione
di Taizan Maezumi, “Perché praticare?” al libro “Corpo, respiro e mente
nella pratica Zen” di Taizan Maezumi e Bernie Glassman (ed. Ubaldini) )
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